2009/11/29

La qualità nelle riforme




Nelle varie riforme in atto o che si sono susseguite nell’ultimo ventennio della P.A. si è parlato spesso di qualità, come nell’art. 28 dell’ ultimo D. Lgs. n. 150/09, puntando sulle tecniche gestionali mutuate dal management salvo successivi ripensamenti.
Occorre innanzitutto riflettere sul concetto di qualità su due livelli introdotto da Juran per cui vi è un’adeguatezza all’uso e una conformità alle caratteristiche, ne risulta che sebbene un prodotto sia conforme alle caratteristiche può non essere adeguato all’uso, una circostanza che molte volte ha investito i processi pubblici e i relativi controlli.
Nel pubblico se si cerca il concetto di cliente si pensa al cittadino, all’associazione o all’impresa, ma questa definizione è di per se stessa limitante in quanto il pubblico è molte volte cliente di se stesso, ossia i servizi forniti servono al funzionamento del sistema stesso, indipendentemente dalle devianze di auto-rappresentazione e autoreferenzialità.
Se il sistema viene portato all’esasperazione in questa auto definizione delle singole organizzazioni pubbliche, si può innestare una continua contrattazione che anziché limitarsi a definire i costi allunga i tempi con effetti piuttosto deleteri sulla qualità dei servizi.
Altro problema sono i clienti i quali molte volte non sono così ben definiti come ad una sommaria ricognizione apparirebbero, basta pensare alla giustizia, in cui vi è un sovrapporsi senza ambiti ben definiti fra ordini e cittadini o imprese ma anche nei controlli nascono sovrapposizioni in cui il singolo cittadino diventa solo elemento figurato di fronte agli enti pubblici, prevalendo in entrambi i casi gli interessi meglio strutturati.
La qualità nel pubblico presenta quindi elementi di difficoltà superiori al privato per la complessità dei servizi forniti e gli interessi di cui è coacervo, questa evidenza già più volte richiamata da vari autori induce alla necessità di rifarsi alla filosofia che sta alla base del concetto di qualità.
Tralasciando l’interpretazione orientale che della stessa ne fecero i giapponesi dagli anni ’50 in poi, una filosofia totalizzante dell’uomo in cui si mescolano elementi della tradizione del bushido con elementi innovatori della tradizione manageriale occidentale, pertanto tipica di quella terra e quindi difficilmente esportabile nell’insieme, non può non rifarsi ai principi su cui fu ideata e propagandata dal suo creatore Edwards Deming....

LaPrevidenza.it


Prof. Sergio Sabetta

2009/11/27

Contributi in materia di ispezioni e di controlli veterinari secondo la direttiva 85/73/CEE


«Politica agricola comune – Contributi in materia di ispezioni e di controlli veterinari – Direttiva 85/73/CEE»



Come risulta dagli atti trasmessi alla Corte, all’origine della controversia di cui alla causa principale sono avvisi di pagamento emessi dal Land Hessen in relazione ai contributi dovuti a titolo delle ispezioni e dei controlli veterinari di carni fresche nei locali appartenenti alla Baumann. Ritenendo che le norme di regolamento vigenti in tale Land che fissano le aliquote di tali contributi siano in contrasto con il diritto comunitario derivato, la Baumann ha proposto un ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Darmstadt. Con sentenza 6 luglio 2006, quest’ultimo accoglieva la domanda di tale società e dichiarava che la VwKostO-MULV non costituisce un valido fondamento normativo che abiliti il Land Hessen a discostarsi, a danno degli operatori economici, dai contributi forfettari previsti dall’allegato A, capitolo I, punto 4, lett. a), della direttiva 85/73.
Il Land Hessen ha interposto appello avverso la detta sentenza dinanzi allo Hessischer Verwaltungsgerichtshof, il quale, ritenendo che la soluzione della controversia dipenda dall’interpretazione della direttiva 85/73, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il legislatore nazionale, nell’avvalersi delle possibilità previste dall’art. 5, n. 3, della direttiva [85/73] e dall’allegato A, capitolo I, punto 4, lett. a), di tale direttiva per l’aumento, per determinati stabilimenti, del livello forfettario al fine di coprire i costi più elevati, e punto 4, lett. b), per la riscossione di un contributo che copra i costi effettivi, sia strettamente vincolato ai livelli tariffari previsti per il contributo nell’allegato A, capitolo I, punti 1 e 2, lett. a) (per tipo di animale, animale giovane o adulto, peso carcassa ecc.), ovvero, nel fissare l’importo del contributo, possa differenziarne l’ammontare tra ispezioni su capi destinati al macello nelle grandi aziende e altre ispezioni, e graduare inoltre l’importo del contributo in ordine decrescente, nell’ambito di tali due gruppi, in funzione del numero di capi macellati per tipo di animale, con la sola condizione che tale importo corrisponda ai costi effettivi.
2) Se il legislatore nazionale, sulla base della sopraindicata normativa, possa imporre, per le macellazioni cui si procede su richiesta dei proprietari fuori del normale orario, un supplemento percentuale sui contributi riscossi per le ispezioni sugli animali al macello effettuate nel normale orario di macellazione, qualora ciò corrisponda agli effettivi costi aggiuntivi, o se tali costi debbano essere inclusi nell’importo forfettario (maggiorato) del contributo per tutti i soggetti passivi»....

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http://www.laprevidenza.it/news/leggi-e-normative/contributi-in-materia-di-ispezioni-e-di-controlli-veterinari-secondo-la-direttiva/4077

2009/11/25

La valutazione dei rischi da stress lavoro correlato - (Articolo della Dott.ssa Silvana Toriello)


L’articolo 2 lett. o) del D. Lgs. 81/2008 definisce “salute : quello stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che non consiste solo in un’assenza di malattia od infermità. Questa nozione di salute comporta uno sforzo di attenzione ben maggiore e più ampio da parte del datore di lavoro rispetto a quanto accadeva in passato. Per consentire il raggiungimento del benessere del lavoratore sarà necessario adottare strumenti di indagine nei confronti del lavoratore più personalizzati ( come test o colloqui etc.) unitamente ad un maggior coinvolgimento del medico competente. L’art. 28, comma 1 del D. Lgs 81/08 statuisce che la valutazione dei rischi “deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”
A prescindere dal fatto che questa valutazione dei rischi non può non tener conto della nuova definizione del concetto di salute, essa pone,peraltro, in capo al datore di lavoro un obbligo preciso di valutazione dei rischi da stress lavoro correlato che ha fatto sorgere numerosi dubbi di interpretazione ed applicazione in quanto i parametri individuati anche nell’accordo europeo del 2004 ed in quello interconfederale del 2008 che lo recepisce contengono criteri troppo generici per poter su di essi fondare un obbligo che è penalmente sanzionato.
In base alle previsioni del D. Lgs 81/2008 la disposizione è divenuta operativa a far data dal 16 maggio 2009 creando sconcerto e pratiche difficoltà presso tutti i datori di lavoro.
E’ per tale ragione che il D. Lgs. 106/2009 correttivo del Decreto 81 statuisce espressamente che sarà la Commissione Consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro si cui all’articolo 6 del D. Lgs. 81/2008 ad elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato. La valutazione del rischio in questione, pertanto, entrerà in vigore a far data dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque anche in assenza di dette elaborazioni a far data dal 1° agosto 2010...


(Dott.ssa Silvana Toriello) - www.laprevidenza.it

2009/11/24

Il mobbing in concreto. Come viene valutato il mobbing nei Tribunali italiani



(Articolo dell'avv. Luigi Modaffari, foro di Brescia)


Innanzitutto, il termine “mobbing” deriva dall'inglese “to mob” e significa assalire, soffocare, vessare o malmenare. Nel linguaggio comune, con il termine “mobbing” generalmente si indica una forma di vessazione, di aggressione e di danneggiamento perpetrata nei confronti di uno o più lavoratori.
Più precisamente, la Cassazione ha stabilito che per mobbing si intende comunemente “un comportamento del datore di lavoro (o del superiore gerarchico, del lavoratore a pari livello gerarchico o addirittura subordinato), il quale, con una condotta sistematica e protratta nel tempo e che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, pone in essere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro. Da ciò può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità” (ex multis: Corte di Cass., Sentenza n. 3875/09).
Tali condotte illecite sono finalizzate, direttamente o indirettamente, a far lasciare il posto di lavoro alla “vittima”, e senz'altro a danneggiarne salute, tranquillità e reputazione. La suddetta fattispecie, infine, non può non avere ripercussioni sulla professionalità del lavoratore vittima del mobbing da parte dei superiori...

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2009/11/23

Contributi in materia di ispezioni e di controlli veterinari secondo la direttiva 85/73/CEE


(Cgce, 19.3.2009 C-309/07)


«Politica agricola comune – Contributi in materia di ispezioni e di controlli veterinari – Direttiva 85/73/CEE»



Come risulta dagli atti trasmessi alla Corte, all’origine della controversia di cui alla causa principale sono avvisi di pagamento emessi dal Land Hessen in relazione ai contributi dovuti a titolo delle ispezioni e dei controlli veterinari di carni fresche nei locali appartenenti alla Baumann. Ritenendo che le norme di regolamento vigenti in tale Land che fissano le aliquote di tali contributi siano in contrasto con il diritto comunitario derivato, la Baumann ha proposto un ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Darmstadt. Con sentenza 6 luglio 2006, quest’ultimo accoglieva la domanda di tale società e dichiarava che la VwKostO-MULV non costituisce un valido fondamento normativo che abiliti il Land Hessen a discostarsi, a danno degli operatori economici, dai contributi forfettari previsti dall’allegato A, capitolo I, punto 4, lett. a), della direttiva 85/73.
Il Land Hessen ha interposto appello avverso la detta sentenza dinanzi allo Hessischer Verwaltungsgerichtshof, il quale, ritenendo che la soluzione della controversia dipenda dall’interpretazione della direttiva 85/73, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il legislatore nazionale, nell’avvalersi delle possibilità previste dall’art. 5, n. 3, della direttiva [85/73] e dall’allegato A, capitolo I, punto 4, lett. a), di tale direttiva per l’aumento, per determinati stabilimenti, del livello forfettario al fine di coprire i costi più elevati, e punto 4, lett. b), per la riscossione di un contributo che copra i costi effettivi, sia strettamente vincolato ai livelli tariffari previsti per il contributo nell’allegato A, capitolo I, punti 1 e 2, lett. a) (per tipo di animale, animale giovane o adulto, peso carcassa ecc.), ovvero, nel fissare l’importo del contributo, possa differenziarne l’ammontare tra ispezioni su capi destinati al macello nelle grandi aziende e altre ispezioni, e graduare inoltre l’importo del contributo in ordine decrescente, nell’ambito di tali due gruppi, in funzione del numero di capi macellati per tipo di animale, con la sola condizione che tale importo corrisponda ai costi effettivi.
2) Se il legislatore nazionale, sulla base della sopraindicata normativa, possa imporre, per le macellazioni cui si procede su richiesta dei proprietari fuori del normale orario, un supplemento percentuale sui contributi riscossi per le ispezioni sugli animali al macello effettuate nel normale orario di macellazione, qualora ciò corrisponda agli effettivi costi aggiuntivi, o se tali costi debbano essere inclusi nell’importo forfettario (maggiorato) del contributo per tutti i soggetti passivi»....

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2009/11/22

Responsabilità del legale dell’avvocatura comunale per la maturazione di oneri accessori


(Corte dei Conti - Regione Siciliana - Sez. Giurisdizionale d'Appello - Sentenza 2 novembre 2009 , n. 318/A - Avv. Dario Immordino)


La condotta del legale dell’avvocatura comunale che omette di proporre opposizione ad un decreto ingiuntivo notificato all’amministrazione comunale,e di trasmettere il provvedimento monitorio unitamente al proprio parere ai competenti organi amministrativi, non rivela alcuna idoneità ad incidere sul maturare delle obbligazioni accessorie al credito principale, qualora risulti che l'amministrazione comunale fosse perfettamente edotta delle pendenze debitorie e dell'obbligo di pagare.



Ciò perché, anche qualora l’avvocato abbia omesso di verificare tempestivamente la fondatezza del credito e di esprimere il proprio parere legale sulla possibilità di proporre opposizione al decreto ingiuntivo o, viceversa, prestarvi acquiescenza, il danno non può ritenersi causalmente riferibile a tale condotta, dal momento che il complesso rapporto contrattuale deve essere gestito dal settore competente che, informato il servizio finanziario, deve comunque provvedere al pagamento del dovuto.



Questo è quanto stabilito dalla sezione giurisdizionale d'appello della Corte dei conti per la Regione siciliana con la sentenza n. 318/A/2009, avente ad oggetto la responsabilità amministrativa di un avvocato del Comune di Palermo il quale non aveva predisposto entro il termine di legge di 40 gg. alcun atto di opposizione ad un decreto ingiuntivo notificato all’amministrazione comunale,né si era curato di trasmettere il provvedimento monitorio unitamente al proprio parere ai competenti organi amministrativi.



Nell’impianto accusatorio, condiviso dal giudice di primo grado, il nesso eziologico tra condotta e danno all’erario comunale veniva rinvenuto nella strumentalità dell’inerzia del legale rispetto alla maturazione di obbligazioni accessorie a carico dell’amministrazione.



Ciò perchè, in conseguenza del contegno negligente dell’avvocato, gli organi amministrativi del Comune e in particolare il settore servizi socio-assistenziali avrebbero avuto conoscenza del credito vantato dalla società solo al momento della assegnazione delle somme a seguito del pignoramento.



In particolare veniva contestato al legale di aver omesso di verificare tempestivamente la fondatezza del credito e di esprimere il proprio parere legale sulla possibilità di proporre opposizione al decreto ingiuntivo o, viceversa, prestarvi acquiescenza. facendo decorrere tutti i termini utili senza evitare o, almeno, limitare il verificarsi di nocumento per il Comune.



Il Giudice d’appello esclude che il danno possa ritenersi causalmente riferibile al legale sulla base della constatazione che dalle risultanze istruttorie emerge chiaramente che l’amministrazione era perfettamente edotta delle pendenze debitorie e dell'obbligo di pagare che su di essa incombeva, del quale, peraltro, aveva formalmente riconosciuto la fondatezza.



Tanto più che, nel caso di specie, non appariva in alcun modo praticabile la strada dell'opposizione al decreto ingiuntivo, che, probabilmente, avrebbe solo causato ulteriori spese a carico del Comune.



Avv. Dario Immordino

2009/11/21

La qualità nelle riforme


(Articolo del Prof. Sergio Sabetta)


Nelle varie riforme in atto o che si sono susseguite nell’ultimo ventennio della P.A. si è parlato spesso di qualità, come nell’art. 28 dell’ ultimo D. Lgs. n. 150/09, puntando sulle tecniche gestionali mutuate dal management salvo successivi ripensamenti.
Occorre innanzitutto riflettere sul concetto di qualità su due livelli introdotto da Juran per cui vi è un’adeguatezza all’uso e una conformità alle caratteristiche, ne risulta che sebbene un prodotto sia conforme alle caratteristiche può non essere adeguato all’uso, una circostanza che molte volte ha investito i processi pubblici e i relativi controlli.
Nel pubblico se si cerca il concetto di cliente si pensa al cittadino, all’associazione o all’impresa, ma questa definizione è di per se stessa limitante in quanto il pubblico è molte volte cliente di se stesso, ossia i servizi forniti servono al funzionamento del sistema stesso, indipendentemente dalle devianze di auto-rappresentazione e autoreferenzialità.
Se il sistema viene portato all’esasperazione in questa auto definizione delle singole organizzazioni pubbliche, si può innestare una continua contrattazione che anziché limitarsi a definire i costi allunga i tempi con effetti piuttosto deleteri sulla qualità dei servizi.
Altro problema sono i clienti i quali molte volte non sono così ben definiti come ad una sommaria ricognizione apparirebbero, basta pensare alla giustizia, in cui vi è un sovrapporsi senza ambiti ben definiti fra ordini e cittadini o imprese ma anche nei controlli nascono sovrapposizioni in cui il singolo cittadino diventa solo elemento figurato di fronte agli enti pubblici, prevalendo in entrambi i casi gli interessi meglio strutturati.
La qualità nel pubblico presenta quindi elementi di difficoltà superiori al privato per la complessità dei servizi forniti e gli interessi di cui è coacervo, questa evidenza già più volte richiamata da vari autori induce alla necessità di rifarsi alla filosofia che sta alla base del concetto di qualità.
Tralasciando l’interpretazione orientale che della stessa ne fecero i giapponesi dagli anni ’50 in poi, una filosofia totalizzante dell’uomo in cui si mescolano elementi della tradizione del bushido con elementi innovatori della tradizione manageriale occidentale, pertanto tipica di quella terra e quindi difficilmente esportabile nell’insieme, non può non rifarsi ai principi su cui fu ideata e propagandata dal suo creatore Edwards Deming....
Prof. Sergio Sabetta

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2009/11/20

In tema di tariffe e nomenclature doganali su pezzi o frattaglie di galli e galline


(Cgce, 29.10.2009 C-140/08)

«Tariffa doganale comune – Nomenclatura combinata – Classificazione doganale – Pezzi o frattaglie congelati di galli e di galline – Adesione dell’Estonia – Misure transitorie – Prodotti agricoli – Scorte eccedenti – Regolamento (CE) n. 1972/2003»



L’art. 41, primo comma, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33) consente alla Commissione delle Comunità europee di adottare misure destinate a facilitare la transizione dei nuovi Stati membri verso il regime derivante dall’applicazione della politica agricola comune. Tale disposizione prevede che le suddette misure transitorie «possono essere adottate in un periodo di tre anni dalla data di adesione e la loro applicazione è limitata a tale periodo». La Commissione ha adottato il regolamento n. 1972/2003 basandosi, in particolare, su tale disposizione.
A tenore del suo primo ‘considerando’, il regolamento n. 1972/2003 è diretto ad «evitare il rischio di distorsione degli scambi, a detrimento dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, in seguito all’adesione di dieci nuovi Stati all’Unione europea, il 1° maggio 2004». Tenuto conto di tali rischi, il terzo ‘considerando’ di tale regolamento sottolinea che occorre «imporre un prelievo dissuasivo sulle eccedenze nei nuovi Stati membri».

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2009/11/19

Esenzione, nello Stato membro della controllata, dalla ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti alla società controllante


(Cgce, 1.10.2009 C-247/08)


Il 16 giugno 1999, la Gaz de France Deutschland GmbH, di cui la ricorrente nel procedimento principale detiene la totalità delle quote, ha distribuito alla medesima utili per un importo di DEM 980 387, operando una ritenuta d’imposta sui redditi da capitale ammontante a DEM 49 019,35 DEM nonché trattenendo un contributo di solidarietà ammontante a DEM 2 696,06, che sono stati versati all’Ufficio tributario competente. Il 16 agosto 1999, la ricorrente nel procedimento principale ha presentato al Bundesamt für Finanzen, diventato, il 1° gennaio 2006, il Bundeszentralamt für Steuern, una domanda di rimborso dell’imposta sui redditi da capitale, compreso il contributo di solidarietà. Con decisione 6 settembre 1999, il convenuto nel procedimento principale ha negato il rimborso richiesto in quanto la ricorrente nel procedimento principale non costituiva una società controllante ai sensi dell’art. 44 d, n. 2, dell’EStG 1999 e dell’art. 2 della direttiva 90/435. Poiché l’opposizione contro la summenzionata decisione è stata respinta, la ricorrente nel procedimento principale ha adito il Finanzgericht Köln, il quale ritiene che, secondo la lettera della direttiva 90/435, la ricorrente nel procedimento principale non beneficia del rimborso dell’imposta sul reddito da capitale poiché, durante l’anno della distribuzione, essa non rivestiva alcuna delle forme societarie menzionate nel combinato disposto dell’art. 2, lett. a), della direttiva 90/435 e dell’allegato, lett. f), della medesima. Tuttavia, tale giudice dubita che occorra limitarsi all’interpretazione letterale delle disposizioni della direttiva 90/435. Secondo detto giudice, occorrerebbe anche tener conto dell’obiettivo di detta direttiva nonché del fatto che, da una parte, al momento dell’entrata in vigore della medesima, nel diritto francese non esisteva ancora la forma della «société par actions simplifiée» e che, dall’altra, la direttiva 2003/123 ha incluso tale forma societaria nell’allegato alla direttiva 90/435. Secondo il Finanzgericht Köln, nella causa sottopostagli si pone dunque la questione se una lacuna normativa involontaria possa impedire di dedurre, per analogia con l’art. 2, lett. a), della direttiva 90/435, in combinato disposto con l’allegato, punto f), alla medesima, che una società di diritto francese che riveste la forma di «société par actions simplifiée» possa essere considerata, a partire dagli anni precedenti al 2005, come una «società di uno Stato membro» ai sensi della direttiva 90/435 e se, eventualmente, l’art. 2, lett. a), di questa direttiva, in combinato disposto con la lett. f) dell’allegato alla medesima, non violi gli artt. 43 CE e 48 CE o gli artt. 56 CE e 58 CE.

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2009/11/18

Sulla competenza (statale o regionale) a disciplinare i requisiti per l’esercizio delle professioni


(Corte costituzionale, sentenza n. 271/2009 - Avv. Dario Immordino)


Quale che sia il settore in cui una determinata professione si esplichi, la determinazione dei principi fondamentali della relativa disciplina spetta sempre allo Stato, nell'esercizio della propria competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost..



In tal senso, la giurisprudenza costituzionale in diverse occasioni ha avuto modo di chiarire che «l'attribuzione della materia delle “professioni” alla competenza dello Stato corrisponde all'esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con i principi dell'ordinamento comunitario, e, in ragione di ciò, prescinde dal settore nel quale l'attività professionale si esplica ».



Ne deriva che, anche con riguardo alle professioni turistiche, compete allo Stato l'individuazione dei profili professionali e dei requisiti necessari per il relativo esercizio,.



Di conseguenza deve ritenersi illegittima la disciplina regionale che istituisce una nuova professione di «animatore turistico» secondo una definizione che non trova alcun riscontro nella vigente legislazione nazionale, né in particolare nella legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo), la quale, all'art. 7, comma 5, definisce «professioni turistiche quelle che organizzano e forniscono servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti».



Né vale a rendere legittime simili disposizioni la circostanza che la figura di «animatore turistico» fosse prevista – in termini, peraltro, non identici a quelli della legge regionale impugnata - espressamente dall'art. 11, comma 11, della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica), giacché si tratta di norma abrogata dalla legge n. 135 del 2001 (art. 11, comma 6). Anche perché alla legge regionale non è consentito ripetere quanto già stabilito da una legge statale, motivo per cui il limite sopra enunciato, funzionerebbe anche ove tale norma fosse tuttora vigente perché alla legge regionale non è consentito ripetere quanto già stabilito da una legge statale (sentenze n. 153 e n. 424 del 2006 nonché n. 57 del 2007).



Sulla base di queste argomentazioni la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 7, della legge regionale n. 4 del 2000, come introdotto dall'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 7 del 2008, cui consegue, come naturale corollario, la caducazione dell'art. 3, comma 7, della legge regionale n. 4 del 2000, come sostituito dall'art. 4 della legge regionale n. 7 del 2008, contenente l'indicazione dei requisiti specifici prescritti per l'esercizio delle attività di animatore turistico.



Con la stessa pronuncia il Giudice delle leggi ha altresì dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, commi 1, lettera b), e 10 della legge regionale n. 4 del 2000, come sostituito dall'art. 4 della legge regionale n. 7 del 2008, che riconosce alla Regione la competenza a stabilire, con propria deliberazione, requisiti ulteriori per l'esercizio delle professioni in questione, rispetto a quelli stabiliti dallo Stato.



In questo caso la censura poggia sulla considerazione che tali disposizioni ampliano la competenza della regione di definire «le modalità attuative per il conseguimento dell'idoneità all'esercizio delle attività di cui alla presente legge» (di per sé non contraria alla Costituzione) sino a comprendervi la previsione di requisiti per l'esercizio della professione, in violazione dei principi che prevedono la competenza dello Stato.



Entrambe le disposizioni eccedono quindi la competenza regionale in tema di professioni di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., violando il principio fondamentale che riserva allo Stato non solo l'individuazione delle figure professionali, ma anche la definizione e la disciplina dei requisiti e dei titoli necessari per l'esercizio delle professioni stesse. Ciò perché, come più volte sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale «l'indicazione di specifici requisiti per l'esercizio delle professioni, anche se in parte coincidenti con quelli già stabiliti dalla normativa statale, viola la competenza statale, risolvendosi in una indebita ingerenza in un settore (quello della disciplina dei titoli necessari per l'esercizio di una professione), costituente principio fondamentale della materia e, quindi, di competenza statale, ai sensi anche dell'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 30 del 2006» (sentenze n. 153 del 2006 e n. 57 del 2007).

LaPrevidenza.it

2009/11/17

Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto del personale del Servizio Sanitario Nazionale biennio economico 2008-2009


(Inpdap, Nota Operativa 10.11.2009 n. 55)


Gli incrementi stipendiali di cui all’art.6 del contratto in esame hanno effetto integralmente sulla tredicesima mensilità, sul compenso per lavoro straordinario, sul trattamento di quiescenza ordinario e privilegiato, diretto ed indiretto, e sono corrisposti integralmente alle scadenze e negli importi previsti al personale comunque cessato dal servizio a qualsiasi titolo e con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del biennio economico 2008-2009.



Resta confermato quanto previsto dall’art.12, comma 3 del CCNL del 10/4/2008. In particolare, il conglobamento sullo stipendio tabellare dell’IIS non modifica le modalità di determinazione della base di calcolo in atto del trattamento pensionistico anche con riferimento all’art.2, comma 10, della legge 335/95. Tale riferimento normativo riguarda esclusivamente il personale delle amministrazioni statali transitato nel comparto Sanità che abbia mantenuto, per l’effetto dell’opzione esercitata, l’iscrizione alla Cassa Stato; in questa ipotesi l’importo della I.I.S conglobato nello stipendio, a decorrere dall’1/1/2003, non deve essere maggiorato del 18%, di cui all’art.15 della legge 177/76.

LaPrevidenza.it

2009/11/16

Pubblico impiego: termine di decorrenza della prescrizione del diritto all'indennità di fine servizio prestato dal dipendente in posizione non di ruol


Con la sentenza n. 869/2009 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana si pronuncia su una vertenza avente ad oggetto il dies a quo di decorrenza della prescrizione del diritto a percepire l'indennità di fine servizio, prevista per lo svolgimento, in posizione non di ruolo ,di attività lavorativa alle dipendenze di Amministrazioni pubbliche.
La vertenza ha ad oggetto il diritto all'indennità per il servizio non di ruolo svolto ai sensi dell'art. 9 L.R. n. 32/1983 presso una USL da un dipendente già utilizzato ai sensi della L. n. 285/1977 presso un Comune. In primo grado il Tar aveva dichiarato l'avvenuta prescrizione per decorrenza del termine decennale, computato a partire dalla data di pubblicazione della pronuncia di illegittimità costituzionale dell'art. 9, co. 4 DLCPS n. 207/1947 (cfr sent. n. 208/1986).
Posto che la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, si tratta di stabilire se tale termine decorre dalla data di cessazione del servizio non di ruolo o dalla collocazione in quiescenza dell’interessato.
In merito i giudici amministrativi, sulla scorta dell’orientamento del CdS, stabiliscono che in relazione alla suddetta indennità la prescrizione comincia a decorrere dalla data di cessazione del servizio non di ruolo, a nulla rilevando che, dopo tale cessazione, l'interessato abbia continuato a svolgere attività lavorativa per conto di una diversa amministrazione. Ciò in quanto si tratta di un emolumento che costituisce oggetto di un diritto autonomo e singolare, che trae origine dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Sulla base di simili constatazioni il collegio respinge la tesi secondo cui il diritto alla percezione dell'indennità in questione sorgerebbe solo allorché il dipendente venga collocato in quiescenza.
Ad avviso del Consiglio il mancato decorso del termine di prescrizione può semmai ipotizzarsi solo in caso di passaggio in ruolo presso la stessa Amministrazione, giacchè in tali ipotesi, secondo quanto ritenuto da qualche autore, il momento di insorgenza del diritto alla indennità di cui trattasi sarebbe quello della cessazione del servizio di ruolo alle dipendenze della stessa amministrazione presso la quale il rapporto era nato come non di ruolo .
Con particolare riferimento all’ordinamento siciliano il CGA rileva altresì che, ai sensi delle LL.RR. nn. 37/1978 e8/1981, l'obbligo di corrispondere l'indennità di servizio non di ruolo prestato in virtù delle leggi sulla occupazione giovanile presso le ex USL grava esclusivamente sugli enti utilizzatori e, non anche,sulla Regione.

Avv. Dario Immordino

2009/11/15

Riduzione contributiva nel settore dell’edilizia. Decreto ministeriale 16 luglio 2009


Determinazione per l’anno 2009 della misura della riduzione contributiva per il settore edile introdotta dall’art. 29, c. 2, della legge 8 agosto 1995, n. 341. Istruzioni operative.

L’articolo 1, c. 51 della legge n. 247/2007 (allegato 1) – modificando l’originario testo del DL n. 244/1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 341/1995 – ha introdotto in maniera stabile, a decorrere dall’anno 2008, la facoltà per il Governo di confermare o rideterminare, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la riduzione contributiva a favore delle imprese edili, introdotta dall’articolo 29 della citata legge n. 341/1995 (1).
Il D.M. Lavoro/Economia 16 luglio 2009 (allegato 2),- pubblicato nella G. U. n. 239 del 14 ottobre 2009 – conferma per l’anno 2009 nella misura dell’11,50 per cento la riduzione contributiva introdotta dall’art. 29, c. 2, della legge n. 341/1995.
Con la presente circolare si forniscono le istruzioni per la pratica attuazione di quanto previsto dal sopra citato decreto.

LaPrevidenza.it

2009/11/14

Nozione di operazioni di assicurazione e di riassicurazione – Cessione a titolo oneroso di un portafoglio di contratti di riassicurazione vita ad un s


«Sesta direttiva IVA – Artt. 9, n. 2, lett. e), quinto trattino, e 13, parte B, lett. a), c) e d), punti 2 e 3 – Nozione di operazioni di assicurazione e di riassicurazione – Cessione a titolo oneroso di un portafoglio di contratti di riassicurazione vita ad un soggetto stabilito in uno Stato terzo – Determinazione del luogo di tale cessione – Esenzioni»
La Swiss è la società madre di una società per azioni (in prosieguo: la «società cedente») che svolge tra l’altro, in quanto compagnia assicurativa, attività di riassicurazione vita. Con una convenzione di cessione di portafoglio sottoscritta il 10 e il 21 gennaio 2002, la società cedente ha trasferito alla compagnia assicurativa S (in prosieguo: la «compagnia S»), stabilita in Svizzera, un portafoglio comprendente 195 contratti di riassicurazione vita. In base a tale convenzione, la compagnia S doveva ottenere il consenso degli assicurati al fine di divenire parte di detti contratti e di subentrare nel complesso dei diritti e degli obblighi da essi derivanti. In forza della stessa convenzione, è stato fissato un valore negativo per la cessione di 18 dei suddetti 195 contratti, di modo che il prezzo complessivo di acquisto di tali contratti nel loro insieme è stato diminuito. I contratti di riassicurazione vita ceduti riguardavano esclusivamente imprese stabilite in Stati membri diversi dalla Germania o in Stati terzi. Ritenendo che la cessione in esame fosse soggetta all’IVA in quanto cessione di beni, il Finanzamt München für Körperschaften ha emesso un avviso d’imposta relativo al pagamento di un anticipo sull’IVA e ha respinto il reclamo proposto contro tale avviso.

2009/11/13

Nozione di nesso diretto tra il servizio fornito e il controvalore ricevuto in tema di servizi di assistenza legale forniti nell’ambito di un procedim




(Cgce, 29.10.2009 C-246/08)

«Inadempimento di uno Stato – Sesta direttiva IVA – Artt. 2, punto 1, e 4, nn. 1 e 2 – Nozione di “attività economiche” – Uffici pubblici di assistenza legale – Servizi di assistenza legale forniti nell’ambito di un procedimento giudiziario dietro pagamento di un contributo da parte del beneficiario – Nozione di “nesso diretto” tra il servizio fornito e il controvalore ricevuto»



In Finlandia il sistema di assistenza legale è disciplinato da quattro testi adottati nel 2002: la legge sull’assistenza legale del 5 aprile 2002 [oikeusapulaki (257/2002)], la legge sugli uffici di assistenza legale dello Stato del 5 aprile 2002 [laki valtion oikeusaputoimistoista (258/2002)], il decreto ministeriale sull’assistenza legale del 23 maggio 2002 [valtioneuvoston asetus oikeusavusta (388/2002)] ed il decreto ministeriale sui criteri di retribuzione dell’assistenza legale del 23 maggio 2002 [valtioneuvoston asetus oikeusavun palkkioperusteista (389/2002)]. Ai sensi dell’art. 1 della legge sull’assistenza legale, una persona che ha bisogno di assistenza in una controversia giuridica, ma non ha capacità finanziaria sufficiente a coprire le spese legali, viene assistita a spese dello Stato. L’assistenza può essere prestata sia in ambito giudiziale che in ambito stragiudiziale. Ai sensi dell’art. 8 di detta legge, l’assistenza legale viene di norma assicurata dai consulenti giuridici degli uffici pubblici di assistenza legale (in prosieguo: gli «uffici pubblici»). Tali uffici, in numero di 60 nel 2008, hanno alle proprie dipendenze circa 220 consulenti, funzionari pubblici retribuiti dallo Stato. Il loro finanziamento è a carico dell’erario, ma gli onorari pagati dai beneficiari dell’assistenza legale vengono contabilizzati come entrate nel bilancio del singolo ufficio, non essendo accordato nessun contributo pubblico per coprire le spese corrispondenti. Lo stesso art. 8 della legge sull’assistenza legale prevede, tuttavia, che, nell’ambito di un procedimento giudiziario, possa essere designato in alternativa un consulente privato – un avvocato o un altro giurista privato – che vi abbia acconsentito. Qualora lo stesso beneficiario dell’assistenza legale proponga di essere rappresentato da un professionista in possesso dei requisiti necessari, tale professionista è designato per il mandato in parola, a meno che sussistano specifici motivi di esclusione.

LaPrevidenza.it

2009/11/12

Il testo unico del pubblico impiego modificato dal d.lgs n. 150/2009 (decreto Brunetta)

(D.lgs n. 165 del 2001 Norme generali sull'ordinamento del lavoro nelle pubbliche amministrazioni coordinato e comparato con il d.lgs n. 150/2009).

Si riporta in allegato il d.lgs n. 165 del 2001 (testo unico del pubblico impiego) coordinato con le modifice avvenute dalla sua pubblicazione al recente decreto n. 150/2009 e comparato con quest'ultimo.



(Dott. Gesuele Bellini)- LaPrevidenza.it

2009/11/11

Aliquote contributive e retribuzioni minimali vigenti nell’ambito del F.P.L.D


(Inps, Circolare 5.11.2009 n. 114)


Con la presente circolare si trasmettono gli importi delle aliquote IVS in vigore nel F.P.L.D. (allegato 1) e dei minimali di retribuzione (allegato 2), ai fini dell'applicazione da parte delle Amministrazioni dello Stato e degli Enti Pubblici delle leggi n. 322 del 2 aprile 1958 e n. 29 del 7 febbraio 1979, alla luce degli aggiornamenti intervenuti fino all'anno 2009. Si rammenta inoltre che, a decorrere dal 1996, l'articolo 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335 di riforma del sistema pensionistico, ha stabilito, tra l'altro, un massimale annuo della base contributiva e pensionabile, il cui importo è annualmente rivalutato sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati, come calcolato dall'ISTAT.

LaPrevidenza.it

2009/11/10

Omessa imposizione di un trattamento più spinto dell’azoto in tutti gli impianti di trattamento di acque reflue urbane



Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Omessa imposizione di un trattamento più spinto dell’azoto in tutti gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 abitanti equivalenti»



In forza dell’art. 4 della decisione del Consiglio dei ministri 19 maggio 1994, n. 365, sul trattamento delle acque reflue provenienti da condotte generali e da taluni settori industriali e convogliate nelle acque nonché sul trattamento delle acque reflue industriali che affluiscono nella canalizzazione generale, tutti gli ambienti acquatici finlandesi sono considerati aree sensibili ai sensi della direttiva 91/271. Emerge dalla descrizione della normativa nazionale fornita negli scritti della Repubblica di Finlandia che ogni impianto finlandese di trattamento delle acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 100 a.e. deve disporre di una concessione ambientale, rilasciata a seguito di una valutazione effettuata caso per caso. Nell’ambito di tale valutazione è sempre preso in considerazione lo stato delle acque e l’impatto, su quest’ultimo, delle acque reflue urbane. Nell’ambito della sua valutazione, l’autorità preposta al rilascio delle concessioni ambientali dispone, relativamente agli impianti di trattamento delle acque reflue urbane di agglomerati con oltre 4 000 a.e., di competenze in materia di diritto dell’ambiente nonché nei settori scientifico e tecnico. Essa deve prendere in considerazione le informazioni che riceve nell’ambito della procedura di autorizzazione, compreso il parere dell’ympäristökeskus (agenzia per l’ambiente) interessato. Quest’ultimo è incaricato, in particolare, di salvaguardare l’interesse generale in materia d’ambiente. Nei pareri che presenta all’autorità preposta al rilascio delle concessioni ambientali, esso deve proporre una riduzione del carico di azoto qualora sia necessario per ragioni ambientali, tenuto conto della situazione locale e delle più recenti acquisizioni scientifiche. In linea di principio, la domanda di riduzione del carico di azoto dev’essere trasmessa a tutti gli impianti di trattamento di acque reflue provenienti dagli agglomerati con oltre 10 000 a.e., i cui scarichi si riversano direttamente nelle aree a sud del Kvarken (in finlandese «Merenkurkku»), stretto situato tra la baia conosciuta come Baia di Botnia («Perämeri») e il cosiddetto Mare di Botnia («Selkämeri»), che formano, insieme, il Golfo di Botnia («Pohjanlahti»). Quest’ultimo costituisce un braccio del Mar Baltico.

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